"Qui a New York so di avere un po' più tempo e c'è un negozio di Lego molto vicino al mio hotel - racconta Sinner - Perciò ci sono andato, ho comprato una Porsche. E l'ho finita in un giorno, in cinque ore. Allora ho pensato: me ne serve una più grande. Il mio istinto mi dice che l'ultima che ho preso è troppo grande... Ma mi piace".
"Metto su la musica e penso ad altro. Quando sei un tennista o un atleta, hai così tanti pensieri nella testa, e anche pressioni. Tutto il tempo. E quindi di sera mi piace". Lo ha detto Jannik Sinner, in un'intervista ad alcune testate internazionali tra cui il Corriere della Sera, alla vigilia degli US Open.
Dopo Cincinnati, spiega Sinner, "sto bene, oggi è il primo giorno dove sto di nuovo bene. Dove tutte le cose vanno bene". Il tennista altoatesino afferma di non pensare mai al fatto di essere il numero uno al mondo: "No, perché credo che sono sempre stato una persona umile e non mi piace dire 'sono il numero uno al mondo'. Posso dire che sono un giocatore forte, però credo che si diventa numero uno non solo in campo da tennis ma per come gestisci le cose fuori dal campo, come ti comporti".
Nel colloquio pubblicato sul Sole 24 Ore, Sinner parla della sua crescita: "Per arrivare al punto in cui mi trovo ho dovuto accettare alcuni miei difetti e all'inizio ho fatto fatica".
Il difetto principale è "non essere paziente, volere tutto e subito. Non era questa la soluzione, bisogna insistere su ogni dettaglio e poi mettere insieme pian piano i pezzi del puzzle. Il che non vuol dire che ora, da numero uno, il lavoro sia completo, ce n'è ancora da fare, ma i progressi sono impercettibili, a volte non sembra di vederli e invece stai andando avanti. Sicuramente il mental coach è importante, lavoro con Riccardo (Ceccarelli, ndr) da tanti anni, è un aspetto da cui volevo partire perché sentivo un piccolo deficit".
Sinner commenta anche il dibattito sul circuito sovraffollato dei tornei: "Ci sono delle dinamiche dietro che probabilmente noi non sappiamo. In questo momento è inutile parlarne, alcune cose funzionano, altre meno… non si può raggiungere la perfezione e noi tennisti abbiamo punti di vista differenti".