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OPINIONE: Sinner può diventare anche numero uno al mondo, ma a una condizione...

Marco Romandini
Jannik Sinner
Jannik SinnerProfimedia
Dopo aver raggiunto il terzo posto nel ranking Atp, il primo sembra ancora irraggiungibile, eppure ci sono motivi per crederci. Dipende però da una condizione...

Prima del 1973 sarebbe stato un casino, visto che a stilare il ranking erano i dieci giornalisti più autorevoli, ognuno con le proprie simpatie personali. Chi è più forte? Sarebbe finita come con il povero Pietrangeli, considerato numero 3 del mondo dall’inglese Tingay, e addirittura una volta numero 6 e poi numero 4 da Ned Potter.

È andata meglio a Panatta, che almeno nel 1976 era stato certificato quarto dal cervellone elettronico entrato in funzione proprio tre anni prima. È stata la posizione più alta mai raggiunta da un italiano per quasi cinquant'anni. Fino a quando cioè, nel 2024, non è arrivato questo ricciolino altoatesino di nome Jannik Sinner, che con la finale di Rotterdam e in conseguenza del forfait di Medvedev che non potrà difendere a Doha i punti del titolo dello scorso anno, è diventato numero 3 del mondo. Uno dei tre più forti giocatori del pianeta. Visto che davanti ci sono solo Djokovic e Alcaraz, a dirlo ad alta voce fa ancora più impressione.

Non la fa però certo a lui, il ragazzo dal sorriso angelico, ma freddo e determinato come vuole la sua terra, sia su un campo da tennis sia quando si tratta di rimbalzare le luci dello spettacolo che cercano di avvolgerlo. Jannik, raggiunta matematicamente la posizione numero 3 dopo il trionfo in semifinale su Griekspoor, si è limitato a commentare: “Certo che sono felice, ma è solo un numero, io invece voglio essere un esempio, fare in modo che il tennis italiano cresca”. 

La quinta sinfonia

Ha obiettivi alti il ragazzo, che raggiunta la terza posizione non vuole sicuramente fermarsi lì, come è successo ad altri 20 prima di lui, anche se la compagnia di gente come Laver e Gerulaitis non è affatto male. Nei tempi recenti non sono andati oltre quella posizione Wawrinka, Del Potro, Cilic, Raonic, Thiem e Tsitsipas. Tutti ottimi giocatori, ma non completi come l’altoatesino: chi tecnicamente, chi mentalmente e chi fisicamente.

Dopotutto perché non potrebbe aspirare alla vetta? Guardando lassù, verso Djokovic appollaiato come un aquila sulla cima più alta, da buon montanaro Jannik scruta la montagna e vede due giocatori che ha già battuto in questi ultimi due anni: due volte Alcaraz e tre volte su quattro il serbo. Non fa più paura neanche l’ex bestia nera Daniil Medvedev, superato ben quattro volte di fila. Un crescendo degno della quinta sinfonia di Beethoven: parlano i 4090 punti accumulati prima del torneo di Rotterdam, quasi mille più di Djokovic, poco meno di millesettecento più di Medvedev e addirittura tremila più di Alcaraz

Una risalita dall'inferno in cui era precipitato a ottobre 2022, addirittura quindicesimo. La marcia inarrestabile è iniziata con la semifinale di Wimbledon persa contro Djokovic: arriva il primo 1000 a Toronto, poi i 500 di Pechino e Vienna, in Cina diventa quarto eguagliando lo storico record di Panatta. Alle Finals deve cedere a Djokovic, ma si rifà in Coppa Davis battendolo in singolare e in doppio e regalando in finale l'Insalatiera all'Italia. Il resto è da leccarsi i baffi: vittoria all'Australian Open e terzo posto nel ranking. Quindi perché non potrebbe aspirare alla prima posizione? Con questo stato di forma nulla gli può essere precluso. 

Il punto di svolta

Tanto per cominciare, Jannik potrebbe provare a rosicchiare un bel po' di punti già a marzo al Masters 1000 di Indian Wells, ma l’impresa più difficile per lui, quella che però gli garantirebbe un successo duraturo e il posto fisso nell'Olimpo, sarebbe arrivare in fondo al Roland Garros. Oggi sembra forse chiedergli un po’ troppo, perché se sul cemento Sinner va a nozze, sulla terra deve ancora raggiungere quella perfezione. Anzi, dovrebbe migliorare un bel po' se pensiamo che lo scorso anno a Monte Carlo veniva eliminato in semifinale da Rune, si ritirava a Barcellona contro Musetti, usciva agli ottavi a Roma con Cerundolo, e falliva miseramente l’appuntamento con lo Slam francese buttato fuori al secondo turno addirittura da Altmaier. 

Però c'è anche un altro elemento da considerare: se in quel caso la forma fisica ha influito, qui non è nemmeno una questione di forma, questa proprio è un’altra persona, un altro tennista. Anzi non è nemmeno un tennista, sul cemento è un killer. Un cecchino robotico, una specie di Robocop che non ti lascia scampo, martellandoti da fondo e frustrandoti ogni tentativo di break. Il problema è che la superficie nel tennis conta quasi quanto la differenza tra una pista e una lastra di ghiaccio su un campo da hockey, quindi l'interrogativo resta. E sulla terra Alcaraz e Djokovic sono al momento un'altra cosa.

È soltanto rispondendo a questo però che potremmo capire la sua vera dimensione, se astrale o ancora umana, se da numero 1 o da numero 3. La domanda da un milione di dollari quindi è: come andrà  questo Sinner sulla terra rossa?  Lo sapremo presto, già tra un paio di mesi, e non vediamo l’ora di scoprirlo, sperando di non restarci male. Ma d’altronde con questo ragazzo qui, nell’anno magico del 2024, sembra difficile anche pensarlo. 

Marco Romandini - Caporedattore
Marco Romandini - CaporedattoreFlashscore