La decisione di Jannik Sinner di rinunciare a disputare le finali di Coppa Davis con l'Italia ha suscitato un vespaio di polemiche, e mentre l'altoatesino è impegnato nell'Atp di Vienna continua a essere bersaglio di tifosi, ex tennisti in pensione, giornalisti sui social. Il problema è acuito dal fatto che Sinner, salito alla ribalta dello sport mondiale, è diventato una figura nazionalpopolare e questo attira i commenti anche di gente che prima magari non sapeva neanche com'è fatta una racchetta, ma ora sente il diritto di dire la sua per "difendere l'onore dell'Italia".
In genere i commenti di questi ultimi contengono tutto l'arsenale ideologico di un hater tipico di Sinner che non conosce bene questo sport: su tutti spiccano la residenza a Monte Carlo e l'origine altoatesina che gli conferisce un accento "tedesco" (in realtà austriaco), motivo per cui sarebbe "meno italiano" secondo i giudizi di chi commenta.
Attacchi gratuiti e offensivi
Cominciamo col dire che la seconda è un'osservazione neanche troppo velatamente razzista, visto che contiene in sé diversi elementi caratterizzanti quest'ideologia: "La riduzione dell’individuo a rappresentante del suo gruppo di appartenenza o della sua comunità di origine, elevata a comunità di natura, fissa e insormontabile" (l'appartenza alla comunità dell'Alto Adige), e "la stigmatizzazione, l’esclusione simbolica attraverso processi di stereotipizzazione negativa" (l'accento). Perché il razzismo non è soltanto una questione di pelle, va ricordato, e un conto sono le gag di Crozza, un altro il commento serio di chi dovrebbe conoscere bene queste cose.
La residenza a Monte Carlo, invece, è un'osservazione che riguarda un importante aspetto fiscale ma lascia il tempo che trova quando si parla di sportivi. Anche solo restando in ambito tennistico azzurro, gli stessi Berrettini e Musetti, che faranno parte della delegazione italiana, hanno residenza nel Principato.
Il confronto con Alcaraz come esempio virtuoso che disputa la Davis perché tiene al suo paese poi è del tutto pretestuoso. Come fa notare Paolo Bertolucci, ex capitano azzurro, "Alcaraz in Davis ha giocato otto partite, Sinner ne ha giocate più del doppio e l'ha vinta due volte". È ovvio che lo spagnolo abbia stimoli diversi, tanto è vero che ha già dichiarato di voler immortalare un eventuale suo primo trionfo in Davis con un tatuaggio.
Scelta condivisa da altri campioni
È comprensibile la delusione degli italiani per l'assenza del numero 2 del mondo che avrebbe facilitato un terzo trionfo azzurro, ma va detto che la decisione di Sinner non deve essere vista come mancanza di attaccamento all'Italia ma nell'ottica di una programmazione sportiva che gli consenta di presentarsi al meglio nei tornei che contano per i punti ATP e per la rincorsa al numero 1, ora di Alcaraz.
Come l'altoatesino, molti altri campioni di questo sport hanno deciso in passato di rinunciare alla Coppa Davis. Rafa Nadal, ad esempio, che l'ha vinta cinque volte in quindici anni (dal 2004 al 2019), ha rinunciato a disputarla 5 volte, e dopo averla vinta nel 2008 e 2009, ha dato forfait proprio nel 2010, come sta facendo Sinner. Novak Djokovic, che ne ha vinta solo una e proprio in quell'anno senza lo spagnolo, ha dato forfait a intervalli di quattro anni (2014, 2018, 2022), seppur si sia sempre presentato in finale alle Atp Finals.
L'esempio più indicativo però viene dal grande Roger Federer, che l'ha vinta nel 2014 con Stan Wawrinka. Fu la sua unica Coppa Davis perché poi rinunciò a disputarla negli anni successivi. Emblematiche le sue parole l'anno dopo il trionfo: "L’ho giocata per tanto tempo e credo che dopo averla vinta posso finalmente fare quello che mi pare e piace, per essere onesti". Il campione svizzero, poi è andato oltre spiegando i motivi pratici della sua scelta: "Giocarla è stato un grande peso per me in tutta la mia carriera, ed è una delle cose che hanno causato maggiori difficoltà nella mia vita. Ora sono felice di essere stato alla fine in grado di spuntarla".
Se lo dice Federer, magari anche Sinner qualche ragione per questa scelta ce l'ha.

