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Inter-Milan: dai "bauscia e casciàvit" alla globalizzazione, con un San Siro a rischio

Massimo Moratti e Silvio Berlusconi assieme al presidente del Coni Giovanni Malagò
Massimo Moratti e Silvio Berlusconi assieme al presidente del Coni Giovanni MalagòProfimedia
Sono, oramai, lontani i tempi in cui a sfidarsi sotto l'occhio vigile della Madunina erano i "gradassi" nerazzurri che imitavano il modo di parlare e di vestire di Angelo Moratti e Helenio Herrera. Dall'altra, gli operai milanesi che popolavano le periferie e adoravano i silenzi burberi del parón Rocco.

Nell'era del calcio globale, il derby di Milano è senza dubbio una delle partite più seguite al mondo. Gli scarsi successi ottenuti in campo, negli ultimi anni, non hanno infatti impedito alle due società meneghine di aumentare la diffusione e la popolarità della propria marca.

In questo senso, le diverse proprietà straniere che si sono susseguite sia ad Appiano Gentile che a Milanello, da quando Massimo Moratti e Silvio Berlusconi hanno deciso di fare un passo indietro, hanno di certo fatto prevalere la propria vocazione internazionale.

Sulla poltrona più importante dell'Inter, Erick Thohir fu il primo a succedere a Moratti. Correva l'anno 2013 e la sua avventura durò appena cinque anni. A guidare, dal 2018, il club nerazzurro è, infatti, Steven Zhang. Dall'Indonesia alla Cina, da Giacarta a Nanchino.

Anche Li Yonghong era cinese, ma arrivava da Huazhou. Fu lui a stringere la mano di Berlusconi accquisendo la quasi totalità del Milan nella primavera del 2017. Tuttavia, i tifosi rossoneri anche più disattenti ci misero poco a capire che, nel migliore dei casi, non aveva le idee chiare.

Prova ne sia che il suo mandato durò appena un anno e, sommerso dai debiti, fu costretto a cedere la società a Elliott Management, un gruppo imprenditoriale statunitense abituato a comprare anziende in crisi e a rivenderle una volta risanate. E fu proprio quello che è successo la scorsa estate, quando il fondo avvoltoio decise di cedere le proprie quote al RedBird Capital Partners guidata da Jerry Cardinale.

Non sono in pochi a essere convinti che se le due società fossero ancora in mano a famiglie milanesi, nessuno oserebbe mettere in discussione la sopravvivenza di San Siro. Ma, su questo fronte, non c'è speranza: "È difficile per una famiglia prendere oggi in mano una squadra di calcio, perché sia il rischio che l'esposizione sono notevoli", assicura Massimo Moratti in un'intervista esclusiva concessa a Diretta.it.

Sono, oramai, lontani i tempi in cui a sfidarsi sotto l'occhio vigile della Madunina erano i bauscia e i casciavit. Da una parte, i "gradassi" nerazzurri che abitavano in centro ed erano noti frequentatori dei locali più alla moda di Milano e imitavano il modo di parlare e di vestire di Angelo Moratti e Helenio Herrera. Dall'altra, gli operai milanesi, spesso e volentieri di origini meridionali, che popolavano le periferie e adoravano i silenzi burberi del parón Rocco.

Questa, almeno, la versione diventata popolare, sebbene la fotografia fatta, nel 1952, da Camilla Cederna sul numero 17 dell'Europeo descriveva una situazione un tantino diversa: "Il Milan, una delle società calcistiche più anziane d'Europa (è del 1899) ha dalla sua l'alta borghesia della città vecchia e gli operai della periferia industriale. Tutta la rimanente massa, e sopratutto gli immigrati, sono per l'Inter che gode così di una indiscussa superiorità numerica".

Fatto sta che prima "la Milano da bere" e poi l'irruzione in scena di Silvio Berlusconi e del suo doppio petto finirono per creare un nuovo ordine. Più liquido rispetto a quello precedente perché a cambiare non sono stati solo gli equilibri delle società, ma anche e soprattutto quello della società.