Fare gli onori di casa a un ospite gradito è sempre un piacere. Anche nel caso in cui, per forza di cosa, l'obiettivo non potrà che esser quello di regalargli un dispiacere, nonostante tu sia parte della sua storia.
Thiago Motta, restando in tema, è sbarcato a Torino con l'intenzione di riportare in alto la Juventus e scrivere pagine importanti da aggiungere al lunghissimo libro di storia della Vecchia Signora.
In quello del Bologna, invece, come dicevamo, il tecnico italo-brasiliano c'è già. Gli è bastata una stagione percorsa a cento all'ora dall'inzio alla fine per riportare al Dall'Ara nell'Olimpo del calcio, nella massima competizione europea.
Un'attesa lunga 60 anni
Un'impresa che in riva al Reno era riuscita soltanto 60 anni prima a un certo Fulvio Bernardini, l'uomo che portò il Tricolore sotto le due torri nel 1964, quando il calcio era ancora in bianco e nero.
Ed è per questa ragione che non era semplice per Vincenzo Italiano ricevere in mano il testimone da un allenatore che in Piazza Maggiore ha lasciato un segno indelebile, anche perché il Bologna di Motta non è solo riuscito a conquistare un risultato storico, ma lo ha fatto incantando, emozionando e divertendo grazie al suo gioco.
La missione di Thiago
Un'arma a doppio taglio che, oltre a rendere complicata la missione dell'ex tecnico della Fiorentina, esercita un enorme peso specifico sulle spalle dello stesso Motta, al quale non basterà vincere le partite qualche coppetta per convincere la Juventus ad aver scommesso sull'uomo giusto.
Dimenticare il calcio sparagnino che ha reso insopportabile l'ultimo periodo dell'era Allegri è, infatti, un imperativo categorico al quale Thiago non può, però, approcciarsi senza la consapevolezza che a Torino non avrà la pazienza di cui ha, invece, goduto a Bologna, dove la definitiva esplosione di Ferguson e compagni è arrivata alla sua seconda stagione in Emilia.

Il minimo sindacale
Tempo che alla Juve non avrà. Prova ne sia che c'è già chi gli chiede, anzi, esige un immediato cambio di marcia per evitare di allontanarsi troppo dalla vetta della classifica.
Perché, sebbene nessuno all'interno del club si sogni di affermare pubblicamente che l'obiettivo stagionale è quello di riportare lo Scudetto in Piemonte, chi conosce anche minimamente l'esigente storia del club bianconero sa bene che il Tricolore è considerato, quasi, alla stregua di un atto dovuto, del minimo sindacale.

Un minimo sindacale che, solo per fare un esempio, a Maurizio Sarri non garantì nemmeno la conferma. E quello del tecnico toscano è sicuramente uno specchio in cui Motta dovrebbe guardarsi per capire fino in fondo quanto sia difficile la missione che Cristiano Giuntoli gli ha affidato.