Segnali preoccupanti arrivano dal mercato, segnali su cui forse bisognerebbe fermarsi a riflettere. Il nostro campionato, particolarmente povero di talento se si eccettua qualche caso, è destinato a impoverirsi ancor di più, se si guarda il trend degli ultimi anni che mette in luce diversi fattori che ne condizionano la competitività. Non solo presente, ma anche futura.
Il saccheggio d'oltremanica e l'oligarchia moderna
A una sostanziale stasi delle trattative italiane, dove di fatto si è mosso solo il Napoli e negli ultimi giorni la Roma, sta facendo da contraltare lo strapotere della Premier League, che non solo falsa il mercato con valutazioni esagerate - cifre che di fatto possono spendere oggi solo loro, gli arabi, il Real e il Psg, in una sorta di oligarchia calcistica con sbarramento all'entrata - ma di fatto saccheggia i campionati di talenti.
Prova ne è il Liverpool, che con 240 milioni di euro ha "razziato" la Bundesliga prendendo Florian Wirtz, Hugo Ekitike e Jeremie Frimpong. Soprattutto il caso del primo è emblematico dei tempi, perché era un obiettivo del Bayern e non più di dieci anni fa sarebbe finito lì, come tutti i giocatori più talentuosi di Germania. Se nemmeno quello era un mercato "democratico", almeno internamente, questo però lo è ancora meno da un punto di vista globale. Il Bayern è costretto alle briciole dagli inglesi, anzi a raccattare gli scarti, e pagarli anche cari. È il caso dell'esubero 28enne dei Reds Luis Diaz, per il quale i bavaresi potrebbero sborsare ben 81 milioni di euro
È cosciente e preoccupato dalla situazione anche il leggendario portiere dei bavaresi Oliver Kahn, che a Sky Sport tedesco ha provato a spiegare la mancanza di "appeal" del Bayern per un talento come Wirtz: "Non so se sia un problema per il Bayern Monaco o per la Bundesliga stessa. Perché, se fossi un giocatore, la Premier League è il campionato più attraente. Sportivamente, economicamente e anche mediaticamente. Offre opportunità di marketing completamente diverse, anche a livello globale. Questa è la prima cosa che prenderei in considerazione come giocatore".
Il giocatore è giustamente libero di scegliere la soluzione migliore per il suo futuro, ma a livello nazionale forse bisognerebbe fornire maggiori agevolazioni per tutelare il patrimonio calcistico e la competitività del campionato. Se questo è vero per la Bundesliga, che si è arricchita con le sterline inglesi ma di fatto si è impoverita di talento, lo è ancora di più per la Serie A. Tralasciando i casi di Gianluigi Donnarumma, comunque emblematico visto che si è trasferito a parametro zero al PSG, e Sandro Tonali, forse il più significativo è quello di Riccardo Calafiori.
Il difensore, ora all'Arsenal, è stato venduto lo scorso anno per 45 milioni + 5 di bonus. Una cifra che era disposta a sborsare anche la Juventus che era sul giocatore per volere di Thiago Motta, ma il Bologna ha preferito cederlo in Inghilterra, ancora un po' risentita per il passaggio dell'ex tecnico a Torino.
Potrebbe essere pesata anche la volontà del giocatore, attratto da un'esperienza oltremanica, ma quella di preferire vendere il giocatore all'estero è una "moda" che sta in un certo senso prendendo piede ed è deleteria per la competitività del campionato e del movimento calcistico italiano.
Ostacoli per il mercato in Italia
Il caso più eclatante è quello di De Laurentiis con Victor Osimhen. Il presidente del Napoli pur di non avvantaggiare le avversarie dirette, ha inserito nel contratto del calciatore con il Galatasaray una penale per un'eventuale cessione a una squadra italiana entro i due anni, nonché aveva stabilito per il calciatore una clausola di rescissione valida solo per l'estero di 75 milioni di euro, che i turchi sembrano essere finalmente riusciti a soddisfare versando il denaro in due tranche con garanzie bancarie (40+35).
Una decisione del genere, seppur tutela l'interesse del Napoli, è chiaramente d'ostacolo per il campionato italiano, con i club che - rispetto all'estero - sarebbero costretti a trattare il giocatore a cifre più alte. Si tratta di fatto di una specie di dazio interno che va contro il mercato di libero scambio, se vogliamo dirla tutta, nonché svantaggia la competitività nazionale.
Ci sono poi casi in cui le società decidono di chiedere cifre fuori mercato per i propri giovani, rendendoli quindi obiettivi difficilmente raggiungibili per i club italiani. È il caso ad esempio di Giovanni Leoni del Parma, che a fronte di un valore Flashscore di 17,1 milioni si trova bloccato in un potenziale trasferimento ai diversi club interessati (Inter, Milan, Juventus) per la richiesta di 30-40 milioni di euro.
Seppur il Parma è giustamente libero di applicare il prezzo che vuole per un 18enne, è chiaro che il giocatore potrebbe seguire nel prossimo futuro l'esempio di Calafiori, con inglesi, Real e PSG uniche società che sarebbero disposte a pagare cifre così alte per un giovane con così poca esperienza.
Poca fiducia nei giovani e poca pazienza di aspettarli
E questo è un altro problema per la competitività della Serie A. In Italia si preferisce puntare su giocatori già affermati, e specie nei grandi club non c'è la pazienza di aspettare un potenziale talento. La Juventus, nella fattispecie, sta dando il peggior esempio. Come nel caso di Dejan Huijsen, venduto lo scorso anno dai bianconeri per 18 milioni di euro al Bournemouth, e rivenduto dopo un anno dagli inglesi a 60 milioni di euro, col Real Madrid che ha deciso di pagare la clausola di rescissione.
Così com'è il caso del 21enne portoghese Alberto Costa, su cui Sporting e Porto si sono date battaglia, con quest'ultima che è riuscita ad aggiudicarselo dando in cambio Joao Mario, di tre anni più vecchio e con un futuro probabilmente meno luminoso dell'ormai ex juventino. Il tutto per una plusvalenza per la Juve di 3 milioni di euro.
Sempre in casa bianconera non si è avuta pazienza neanche con l'altro 21enne Samuel Mbangula, venduto al Werder Brema per 10 milioni di euro più 2 di bonus, così come lo scorso anno era stato inserito nell'affare Douglas Luiz, Enzo Barrenechea per 8 milioni, rivenduto dall'Aston Villa al Benfica per 3 milioni di euro di prestito e 12 di riscatto obbligatorio a certe condizioni, più il 30% sulla plusvalenza della rivendita. Caso meno emblematico quest'ultimo per le cifre, ma interessante per i possibili sviluppi.
I portoghesi, infatti, difficilmente sbagliano quando decidono di spendere su un giovane, calcolando che potrebbe essere rivenduto almeno al doppio di quanto pagato. Questo potrebbe essere il caso anche del 19enne danese Victor Froholdt, per il quale il Porto ha investito ben 22 milioni di euro. Le italiane l'avrebbero fatto? Probabilmente no, si preferisce investire in fuoriclasse sulla strada del tramonto come il 34enne Kevin De Bruyne o il 39enne Luka Modric, cosa che ormai non fanno neanche più gli arabi. Si guarda in un certo senso più al passato che al futuro. E così tra poco faremo noi: ci resteranno solo i ricordi di un campionato che una volta era il più bello del mondo.