Flashback | L’ultimo lampo di Falcao: il giorno in cui il Divino salutò la Roma davanti a Maradona

Un'immagine di quell'incontro con Falcao e Maradona sulla destra
Un'immagine di quell'incontro con Falcao e Maradona sulla destraProfimedia

Nel dicembre ’84 il brasiliano firmò la sua ultima magia contro il Napoli, nell’unico incrocio con Diego in Serie A: un gol, una vittoria e un addio tormentato che non ha mai scalfito l’amore dei tifosi giallorossi.

Era un pomeriggio di quasi inverno, il 16 dicembre 1984, quando il San Paolo si riempì di 80.000 spettatori per ricevere la visita della Roma vicecampione d’Europa arrivata in Campania per sfidare il Napoli di Diego Armando Maradona in quello che è stato l’unico incrocio tra il Divino brasiliano, Paulo Roberto Falcao, e la futura leggenda argentina, il Pelusa.

Quella partita, allo stesso tempo, sarebbe diventata l’ultimo atto ufficiale di Falcao in giallorosso. In quel momento, però, nessuno lo sapeva ancora.

Il fuoriclasse brasiliano entrò in campo con il peso delle tensioni con il club sulle spalle e un ginocchio già segnato da infortuni. Eppure, la sua classe era intatta. Al 20’, dopo un polemico gol annullato ai padroni di casa, ricevette palla da Cerezo e con un precisissimo sinistro piazzò il pallone all’angolino, beffando Castellini. Il San Paolo, voglioso di celebrare Maradona, dovette inchinarsi alla magia del Divino.

Prima dell’intervallo, Bertoni ristabilì la parità, ma la Roma era arrivata a Napoli per vincere e nella ripresa, una conclusione di Sebino Nela, deviata da De Simone e Marino, finì a referto come la rete del definitivo 2-1 consacrò la vittoria giallorossa.

L'addio del divino

Alla fine del match, Falcao tornò a Roma da solo in macchina. La rottura con la società era di dominio pubblico e, non a caso, senza avvisare nessuno, il giorno dopo partì per gli Stati Uniti per operarsi a New York.

La rescissione con la Roma, arrivata l'anno successivo segnò la fine di un rapporto travagliato ed eppure, l’ultimo tocco del Divino, quell’ultimo gol, rimase impresso nella memoria dei tifosi: una scintilla che riassumeva quattro anni di luce e grandezza. L'Ottavo re di Roma aveva salutato il suo popolo, lasciando dietro di sé il ricordo di un talento che all'Olimpico nessuno potrà mai dimenticare.

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