Ci sono date che non si limitano a segnare un giorno sul calendario, ma che segnano l’anima di una tifoseria, incise come cicatrici indelebili nella memoria collettiva. Sono simboli di gloria mancata e di un dolore sportivo che il tempo non riesce a lenire, ma solo a scolpire.
Per l'Inter, quella data è il 5 maggio 2002: non una semplice sconfitta, ma una tragedia calcistica, un naufragio inaspettato che ha travolto ogni speranza e sogno. Un giorno in cui lo Scudetto, che sembrava già cucito sulle maglie nerazzurre, volò via come polvere nel vento, sfuggendo dalle mani di chi lo aveva già visto conquistato, per finire tra le braccia di una Juventus glaciale e implacabile, pronta a cogliere l’impossibile e trasformarlo in realtà.
Una corsa a tre al cardiopalma
La stagione 2001-2002 si avviava verso una conclusione da romanzo. Tre regine, un solo trono, separate da un soffio: Inter 69, Juventus 68, Roma 67. Bastava un’ultima impresa, un’ultima spallata alla porta della storia, e l’Inter di Héctor Cúper avrebbe riportato a casa uno Scudetto atteso tredici anni.
All’Olimpico, la Lazio non aveva più nulla da chiedere. Uno scenario da sogno, che invece si trasformò in un campo minato. Il calcio, si sa, ama i finali imprevisti. E quel giorno tradì l’Inter nel modo più crudele.
Vieri sbloccò subito il match. Dopo il pari di Poborsky, Di Biagio riportò avanti i nerazzurri. Sembrava l’inizio di una cavalcata trionfale. Invece era solo la quiete prima del naufragio.
La Lazio, spinta da orgoglio e antichi rancori, si ribellò al ruolo di comparsa. Ancora Poborsky, poi Simeone - l’ex che non perdonò - e infine Simone Inzaghi, oggi paradossalmente sulla panchina nerazzurra, firmarono una rimonta che entrò nel mito calcistico. L’Inter si sgretolò sotto il peso della paura. In panchina, Ronaldo pianse. In tribuna, i sogni si dissolsero nel silenzio.
Juve e Roma: una festa e una consolazione
A Udine, invece, la Juventus non tremò. Con freddezza chirurgica, Trezeguet e Del Piero confezionarono un 2-0 pulito e decisivo, spalancando le porte a uno Scudetto che, appena una settimana prima, sembrava un miraggio.
A Torino, la Roma fece il suo dovere, piegando il Toro con un guizzo di Cassano: vittoria inutile per il titolo, ma sufficiente a scavalcare un’Inter in ginocchio.
Il verdetto della classifica fu implacabile: Juventus 71, Roma 70, Inter 69. Un solo punto separò il sogno dal crollo, condannando i nerazzurri al terzo posto e ai preliminari di Champions League. Una disfatta che fece epoca.
Solo anni dopo, con Mancini prima, Mourinho poi, e il leggendario Triplete del 2010, l’Inter riuscì a riemergere, liberandosi finalmente di quell’ombra lunga e opprimente. Ma chi visse quel pomeriggio di sole e lacrime, chi ascoltò in silenzio il boato dell’Olimpico spegnersi nel gelo, sa che il 5 maggio non fu soltanto una partita persa. Fu il giorno in cui un’intera fede andò in frantumi.
Lo strano caso di Simone Inzaghi e Sérgio Conceição
Simone Inzaghi e Sérgio Conceição: due nomi legati da un filo invisibile che unisce passato e presente. Il 5 maggio 2002, Inzaghi, allora attaccante della Lazio, fu uno dei protagonisti di una giornata che cambiò il destino dell'Inter, infliggendo alla squadra nerazzurra una delle sconfitte più dolorose della sua storia. Proprio lui, con una rete, contribuì a quella storica rimonta che fece svanire il sogno Scudetto dei nerazzurri, consegnando il titolo alla Juventus. Conceição, nel frattempo, giocava nell'Inter, vivendo in prima persona quella tragedia sportiva che lo segnò profondamente.
Oggi, a più di vent’anni di distanza, i due protagonisti di quella giornata epocale si ritrovano a scrivere un nuovo, decisivo capitolo delle loro carriere, ma con ruoli ormai capovolti. Inzaghi, oggi allenatore dell'Inter, è a un passo dal trionfo, ma il Napoli, che lo precede di un punto a due partite dalla fine, rende la corsa allo Scudetto incerta.

La lotta per il titolo, però, è stata segnata da due eventi cruciali: i derby tra Inter e Milan. Il primo, nel girone di andata, con il Milan di Paulo Fonseca che seppe imporsi per 2-1, e il secondo, più recente, un pareggio per 1-1 con i rossoneri guidati da Conceição, che hanno sottratto altri punti pesanti alla causa nerazzurra. È proprio Conceição, l'allenatore del Milan, a diventare una sorta di "nemico" simbolico di Inzaghi in questa corsa finale, non tanto per le sue azioni dirette, ma per il peso dei suoi risultati stagionali.
Con il suo Milan che ha contribuito alla perdita di punti cruciali per l'Inter, oltre a diventare una vera e propria “strappa-sogni” per la squadra nerazzurra - vista la Supercoppa Italiana vinta e l’eliminazione degli storici rivali dalla Coppa Italia - Conceição appare come una figura emblematica di un destino che ha sfiorato ancora una volta Inzaghi, in una stagione che sembra destinata a chiudersi con un altro scenario beffardo. Un destino che i tifosi nerazzurri sperano non somigli troppo a quello del 5 maggio.