"Il fondo schiena sempre a rischio è solo quello dell’allenatore, è una questione di aspettative interne ed esterne. Devo capire dove vogliamo andare. E in che modo. Ma sì, la priorità è il Como. È normale che qualcuno si sia fatto vivo. Ci sono squadre che stanno cercando l’allenatore o il giocatore". Così, in una lunga intervista al Corriere dello Sport, ha parlato Cesc Fabregas, che ha da poco ottenuto la salvezza con il Como.
Interrogato sul suo futuro, l'iberico ha risposto: "Niente è ancora deciso. Ho bisogno di una breve sosta a fine campionato, di un attimo di respiro prima di sedermi al tavolo con il Como... Mi ritengo molto fortunato perché qui la gestione del quotidiano è uguale tanto che si vinca quanto che si perda. Il confronto è costante. Pretendo molto, è vero, perché una cosa che Conte mi ha insegnato e ha ripetuto giorni fa è l’essenza del nostro lavoro".
E proprio rispetto all'attuale allenatore del Napoli, ha poi commentato: "Antonio è un fenomeno, un fenomeno. Potrei giocare e allenare giorno dopo giorno come fa Antonio? Sicuramente no. Però ho imparato tantissimo. Da Antonio, dalla sua metodologia e, soprattutto, dal suo messaggio costante, dalla sua idea. La mia è un po’ diversa dalla sua, tuttavia lui con la sua chiarezza e autorevolezza ti porta sempre all’obiettivo"
Poi, il catalano ha ammesso quale sia stata la squadra che lo ha messo più in difficoltà: "Il Napoli, sicuramente. Qui a Como Antonio ha cambiato la formazione 3, 4 volte in pochi minuti per crearmi dei disturbi e cercare la vittoria. Secondo me ha fatto anche molto bene, indipendentemente dal risultato finale. A ogni suo adattamento corrispondeva qualcosa di diverso da parte mia. Non è stato semplice, te lo posso assicurare". Oltre al suo ex tecnico Conte, ne cita però un altro: "Gasperini. Mi è stato detto che per la prima volta l’hanno visto difendere a quattro, cosa che non faceva mai. Mi ha obbligato a cambiare tanto, a trovare ripetutamente delle contromisure".
Per quanto riguarda gli allenatori che lo hanno formato, dal punto di vista della creatività elogia il suo conterraneo Pep Guardiola: "Lavorava tanto sulla tattica, ti mostrava sempre cose diverse, altri sviluppavano maggiormente l’aspetto della gestione. Poi, certo, in campo andavano giocatori in grado di esaltare le sue idee, Xavi, Iniesta, Puyol, Messi...".
Poi, un ovvio riferimento al suo mentore Arsene Wenger: "Mi colpiva il fatto che cercasse sempre giocatori in grado di adattarsi alla sua idea di calcio. Non importava che fossero i migliori, voleva quelli più funzionali. I Rosicky, i Van Persie, i Senderos, Xhaka, Reyes, Özil, Debuchy, poi, certo, anche i Bergkamp".

Interrogato sulla diversa concezione di lavoro da parte di Mourinho e Guardiola, che ha avuto come guide, ha poi risposto: "Ma diversi in cosa? Sul campo forse, ma fuori sono malati di vittoria, hanno una incredibile mentalità vincente e una notevole capacità di trasferirla alla squadra. Antonio (Conte) è della stessa pasta".
Il suo punto di riferimento, però, è solo uno. "Arsène (Wenger) è il migliore che ho avuto. Soprattutto ora, in questo mio inizio da allenatore, è una figura importante e presentissima. Mi ha scritto anche ieri, mi scrive sempre dopo ogni partita. Ci sono cose sue che mi porto dentro da allora. Come gestiva i giovani e come era moderno nel linguaggio, parlava con tutti, si soffermava a lungo dopo l’allenamento, teneva in grande considerazione anche l’ultimo del gruppo. Aveva sempre tutto sotto controllo e una straordinaria credibilità. Era veramente avanti, un formidabile anticipatore".