Esclusiva, Biglia: “Rifiutai lo United per la Lazio, ma che storie con Lotito. Al Milan..."

Lucas Biglia all'Anderlecht
Lucas Biglia all'AnderlechtVIRGINIE LEFOUR / BELGA MAG / AFP

L'argentino, oggi all'Anderlecht, ha avuto un passato importante tra Roma e Milano, dove oggi vive la sua famiglia. Molto legato all'Italia, ritorna sui suoi anni in biancoceleste e in rossonero, dove ha condiviso ambiente e spogliatoio con personaggi unici. E ha vissuto esperienze che lo hanno formato nel suo processo di futuro allenatore

Alla voce “cultura dello sforzo” andrebbe redatto un capitolo a parte per Lucas Biglia, che da adolescente percorreva ogni giorno 200 km per andare e venire dalla sua Mercedes natale a Buenos Aires per coltivare il sogno di diventare calciatore. Costretto a terminare gli studi da adulto dopo essersi affermato ad alti livelli, l’ex centrocampista di Lazio, Milan e nazionale argentina è oggi uno degli integranti dello staff tecnico dell’Anderlecht. E in esclusiva a Diretta rivela che, ancora oggi, si divide tra studio e lavoro, facendo la spola ogni settimana tra Bruxelles e Coverciano.

Come si svolge la tua vita oggi?

Guarda, per esempio questo weekend noi (l'Anderlecht) giochiamo domenica. Il lunedì mattina prendo l'aereo, atterro a Milano e da lì in treno verso Firenze. Poi mercoledì notte rientro a Milano, dove dormo, e riparto giovedì mattina per Bruxelles.

Stai avendo un ritmo più duro di quando giocavi...

E sto anche prendendo lezioni di inglese, che è la lingua che usiamo all'Anderlecht per comunicare con i calciatori. Nella mia carriera ho imparato il francese e l'italiano e l'inglese l'ho sempre parlato "a livello di campo", e ora sto provando a fare lezione due volte alla settimana. Ma tra allenamenti e il fatto che devo alternare lo spagnolo a casa, il francese al club e l'italiano a Coverciano... Fino a metà dicembre che finisco il corso ho chiesto al mio professore di avere un po' di pazienza con me!

È un po' la storia della tua vita. Da adolescente hai dovuto lasciare le scuole superiori per dedicarti al calcio...

Sì, perché ogni giorno prendevo due treni e due autobus per arrivare a Buenos Aires, sia per giocare con le giovanili dell'Argentinos Juniors sia con quelle della nazionale. Un giorno chiamarono mio padre da scuola e gli dissero che non stavo rendendo come avrei dovuto e quindi ho dovuto scegliere, finendo gli studi più tardi, da adulto.

Perché hai scelto Coverciano?

Ne avevo parlato anche con Cambiasso (Esteban), perché inizialmente pensavo di farlo in Spagna. Ma su suo consiglio ho scelto di venire a preparare in Italia i corsi Uefa B e Uefa A, quello che sto preparando ora, perché a livello tattico questo campionato mi ha dato qualcosa di unico. Ed è fondamentale, nel momento in cui vuoi imparare a diventare tecnico, ascoltare e formarti.

Ti piacerebbe allenare in Italia quindi.

Un giorno sì, ma non per iniziare. Diciamo che per giugno dell'anno prossimo vorrei prendere in mano una squadra, ma in Italia ti chiedono subito risultati. In Olanda, Belgio, Svizzera si segue maggiormente un progetto, e credo che ti diano più tempo per lavorare, in Italia dopo cinque partite sei già in discussione. 

Il caso di Chivu all'Inter è quasi unico.

Però Christian ha dovuto allenare tanti anni in Primavera e poi al Parma. Però credo che una Primavera di vertice in Italia potrebbe essere adatta per me per cominciare. Quando partirò come prima guida vorrei avere il tempo di commettere gli errori per iniziare, ma in Italia è difficile, non danno tempo ai giovani neanche come calciatori. Le squadre under 23, per esempio, in Belgio sono composte da calciatori di 17 o 18 anni, in Italia no. È la mentalità che va cambiata.

Simone Inzaghi è partito dalla Primavera della Lazio.

Simone è uno dei tecnici che più analizzo. Con la Primavera della Lazio ci ha vinto un campionato, ed è stato uno degli allenatori che più si è evoluto. Non dobbiamo farci ingannare dal modulo, il 3-5-2, che non è stato lo stesso alla Lazio o all'Inter. Ma in Italia e ovunque bisogna capire che un caso come quello di Guardiola è l'eccezione e non la regola.

Biglia, da capitano della Lazio
Biglia, da capitano della LazioMarco Iacobucci / Alamy / Profimedia

Con Inzaghi sei stato alla Lazio, dove sei arrivato nell'estate 2013.

Ero stato segnalato dal mio attuale allenatore Besnik Hasi, all'epoca vice dell'Anderlecht, a Igli Tare, che dopo una partita in cui battemmo il Bruges venne a dirmi che l'anno prossimo sarei stato giocatore della Lazio. Ma la trattativa fu estenuante.

Che successe?

Sono rimasto 18 giorni chiuso in hotel a Roma, vicino al Foro Italico, perché l'affare non si sbloccava. E rischiavo anche una causa alla FIFA perché non mi presentai al ritiro in Belgio andando direttamente a Roma. Lotito non intendeva pagare le commissioni di due milioni ma solo i sette milioni del transfer, E in qualche modo bisognava trovare questi soldi. 

Come si sbloccò la situazione?

Si organizzò un'amichevole tra Anderlecht e Lazio in Belgio, dove io non giocai, mentre il resto dei soldi, circa 400mila euro, li abbiamo dovuti mettere io e il mio rappresentante. Ma non finisce qui, perché quando andai a firmare a casa di Lotito, che neanche ti dico quanto mi fece aspettare, dopo aver firmato si girò e disse a Tare: "E questo chi è"?. Non sapeva neanche chi fossi...

Quei 18 giorni chiusi in hotel devono essere stati infernali...

Il tutto mentre mia moglie era incinta! E stava organizzando, con sua madre, il trasferimento da Bruxelles a Roma. Mia moglie arrivò a Roma il 14 agosto e due settimane dopo nacque mio figlio. L'arrivo fu infernale, ma l'addio forse fu anche peggio.

Come mai?

Fui molto contestato dai tifosi perché volevo andar via. E questo perché nel 2015 mi era arrivata un'offerta dal Manchester United, quando c'era Van Gaal. Lotito mi disse che non mi avrebbe mai fatto partire, e io accettai a patto che rinnovassimo il contratto. Per giunta lì stava per arrivare Marcelo Bielsa, con il quale poi non si fece nulla. Mi fu promesso un adeguamento di contratto che non arrivò mai.

Trattare con Lotito deve essere stato un incubo.

Mi convocava a Formello a mezzanotte, che si vede che era quando finiva di lavorare. Si sedeva, mangiava e poi si addormentava! Tare nel frattempo diceva al mio agente di parlargli che tanto ci ascoltava lo stesso, e quando arrivavamo a parlare dell'adeguamento economico promesso dopo aver rifiutato lo United si svegliava e diceva che non poteva per far ingelosire gli altri giocatori o che non poteva perché doveva rispettare il Fair Play Finanziario.

Nell'estate del 2017 riuscisti però a passare al Milan.

Avevo già firmato un pre contratto con il Milan e gennaio, perché avevo deciso di andar via nonostante Inzaghi avesse puntato su di me. Lo ringraziai ma gli dissi che avevo 31 anni e che dopo il mancato rinnovo del contratto sarei andato al Milan, che era pronto a cambiare proprietà. Ci fu un braccio di ferro perché Lotito non rispondeva all'offerta via mail e mi voleva ad Auronzo per il ritiro. Alla fine mi recai in ritiro di notte, e il giorno dopo c'erano 5.000 tifosi pronti a insultarmi. E pensa che di solito lì andavano famiglie e non gli ultras, che non sapevano niente della situazione.

Deve essere stata molto dura.

Venne Angelo Peruzzi a dirmi di andare a parlare con i tifosi ma rifiutai, e dopo aver insistito lasciai il ritiro e convinsi la Lazio a farmi andar via, dopo aver parlato con Inzaghi, che mi disse che avevo ragione. Il giorno dopo andai a Formello per firmare la rescissione del contratto, mi dovevano ancora tre mesi di stipendio e il premio di qualificazione all'Europa League. Ma uno degli assistenti di Lotito si impegnò tanto a negarmi questi compensi che me ne andai senza riscuotere nulla di tutto ciò. E il mio agente mi sta ancora insultando per questo. Ma non ne potevo più.

Hai comunque vissuti anni importanti a Roma.

Il primo mi è servito d'adattamento, ma poi credo di aver disputato tre ottime stagioni. Ricordo quella doppietta alla Fiorentina, l'unica della mia carriera. E nonostante l'addio complicato e doloroso non intendo chiudere mai la porta perché se un giorno mi dovesse chiamare Lotito per allenare la Lazio è ovvio che ci andrò!

Al tuo arrivo al Milan ci fu un "Forza Lazio" che fece scalpore.

Ero arrivato la notte prima dopo due giornate intensissime. Il giorno dopo feci i test a Milan Lab, dei test molto esigenti a livello fisico e dopo praticamente quaranta giorni di vacanze senza allenamenti specifici. Mi portavo appresso uno stress molto elevato, e avevo anche vomitato a fine test. Mentre rientro arriva uno che neanche potrei definire tifoso e mi chiese un saluto e io dissi quel "Forza Lazio" che è passato alla storia, anche perché è stato ripreso. Ma nessuno sapeva cosa fosse successo prima.

Il tuo scopritore Tare oggi lavora al Milan. 

Quando lavori con una proprietà straniera non è facile, ma se gli danno spazio e tempo potrà fare molto bene.

Al Milan sei stato più sfortunato, per varie circostanze.

Ho avuto molti infortuni, anche questo va detto. Nei derby in campionato non sono mai riuscito a vincere, ma ci fu una vittoria per 1-0 in Coppa Italia che ricordo con piacere.

Come vedi il prossimo derby che si gioca questo weekend?

Credo che mai come oggi negli ultimi due o tre anni si è avuto un derby di Milano così equilibrato sulla carta. Da entrambe le parti vedo valori molto simili, tranne in panchina, dove il Milan ha uno come Massimiliano Allegri.

Rafael Leao e Lucas Biglia in rossonero
Rafael Leao e Lucas Biglia in rossoneroSpada / LaPresse / Profimedia

Nel tuo Milan c'era già Leao e Gabbia, oggi titolarissimi.

Di Gabbia ricordo che una volta Ibra lo riprese con forza dopo un errore, come era solito fare, e che lui reagì. E Zlatan lo faceva proprio per far uscire il carattere dai suoi compagni di gioco. E dopo la risposta di Gabbia gli disse: "Ecco, questo volevo vedere da te".

Di Leao cosa pensi?

Per me può essere un giocatore di un altro livello. Ma il problema è che deve credere lui per primo di poterlo essere, altrimenti potremmo avere un altro caso come quello di Joao Felix. Un talento così che non esplode del tutto per propria decisione... deve cambiare e non porsi più limiti.

Chiudiamo con Ibra, che venne ormai quasi ritirato al Milan e ha vinto di nuovo.

Poco dopo il suo arrivo scoppiò la pandemia di Covid, e si iniziò a dire nel club che i salari dovevano essere ridotti. La sua reazione fu netta: "Io ho giocato nel Milan di Berlusconi, e non intendo rinunciare neanche a un euro. Per me potete anche fallire". 

Oggi è dirigente, anche se non più così centrale come l'anno scorso.

Credo che abbia capito che deve imparare a delegare e non poter fare tutto lui. Ora al suo fianco ha uno come Tare e dunque ha giustamente lasciato un po' di spazio. In campo era straordinario, aveva una mentalità unica.

Hai giocato con attaccanti come Messi, Ibrahimovic, Agüero, Higuain e Klose, solo per citarne alcuni. Chi vorresti sempre con te?

A parte Messi, ovviamente, ti dico Higuain.