C'è stato un momento - forse stanotte e solo nella testa di chi ancora crede nei colori azzurri - in cui l’Italia era di nuovo ai Mondiali. Non una, non due: tre volte di fila. Come se le sconfitte contro Svezia e Macedonia del Nord non fossero mai esistite, fosse stato solo un brutto sogno e la maledizione fosse svanita nel nulla. Come se il mondo del calcio fosse tornato in sé e avesse restituito a uno dei suoi popoli prediletti ciò che gli aveva ingiustamente (o forse giustamente) tolto.
E così, l'Italia vinceva facilmente in Moldavia e la Norvegia inciampava contro l'Estonia, permettendo agli Azzurri di sperare ancora nel primo posto del girone. Tutto perfetto, tutto logico, e ancora meglio di un sogno, perché era la realtà.

E in questa realtà la Norvegia non ha Haaland, non ha Odegaard, non ha Sorloth. Ha solo maglie rosse e gambe che tremano davanti al peso della storia dell'Italia che nel Meazza festante conquista la qualificazione diretta alla prossima Coppa del Mondo.
La sveglia
Poi, però, suona la sveglia. E la realtà è un'altra e non somiglia a un sogno, ma a un incubo: la Norvegia è prima con 18 punti, l'Italia insegue a 15. Il tutto quando mancano due sole giornate e una differenza reti che non lascia spazio a fantasie: +26 per Haaland e compagni, +10 per i nostri.
E così, la partita contro la Moldavia diventa quasi un fastidio perché prima dell'ultima sfida di San Siro, i norvegesi ospiteranno l'Estonia - quattro punti in sette partite, sette gol fatti e diciassette subiti - e difficilmente il match non finirà con una goleada a favore degli scandinavi.
E come noto, se la Norvegia vince, all'Italia servirebbe un'impresa oltre i confini del possibile: ossia battere la capolista a Milano con una decina di gol di scarto. Gennaro Gattuso lo sa oggi e se lo immaginava quando ha accettato l'invito di Gigi Buffon che sarebbe stato maledettamente difficile. E la verità è che, da quando è arrivato, l'Italia ha vinto tutto rimettendo in piedi uno spogliatoio disorientato e una squadra che aveva smarrito fiducia e identità.
Missione impossibile
La dura realtà ci porta anche a fare i conti con le pesanti assenze di Moise Kean e Sandro Tonali e con il grande rifiuto di Federico Chiesa che ha detto "no" al ct perché ha ancora bisogno di un po' di tempo per ritrovare se stesso.
E così, quella che nel sogno era una cavalcata trionfale diventa una missione impossibile. Numeri e logica alla mano, infatti, nel futuro dell'Italia ci saranno ancora una volta playoff.

E lì, il destino cinico e baro potrebbe regalare agli azzurri un revival contro Svezia e Macedonia del Nord che, quasi sicuramente, saranno nella stessa urna degli azzurri. Insomma, i fantasmi di ieri sono pronti a tornare domani.
Un sistema che non funziona
Ai tifosi italiani, che sognavano i Mondiali, non resta che svegliarsi, guardarsi allo specchio e affrontare la realtà: quella vera che ha la forma di tabellone dei playoff. Il loro vero rammarico è quello di vivere prigionieri di un passato glorioso, di un’epoca in cui l'Italia non solo partecipava ai Mondiali, ma lo faceva per vincerli.
Eravamo l’Italia dei campioni, del carattere, della storia: una nazionale temuta, rispettata, centrale in ogni competizione. Oggi, invece, la realtà è amara. Si è lavorato male, troppo male, a tutti i livelli: dalle prime squadre ai settori giovanili, fino alla programmazione federale. Il talento non manca, ma spesso non viene coltivato, non viene aspettato.
E quando un sistema si indebolisce nella propria struttura, anche la toppa del risultato sul campo (leggi Europeo 2020) serve solo a ritardare l'inevitabile. L'Italia è già caduta due volte, e la paura è che possa succedere ancora. Intanto, nazioni che un tempo guardavamo dall’alto, come la Norvegia, crescono e costruiscono futuro.
Hanno campioni come Haaland e Odegaard, due simboli di un calcio che crede nei propri sogni e raccoglie risultati concreti. Due giocatori che, per talento e mentalità, sarebbero titolari anche da noi. Un segnale chiaro di come mentre altri seminavano, noi siamo rimasti per troppo tempo fermi a guardare.
