Altri

Esclusiva, Maggio e l'avventura con l'U21: “È iniziato tutto per caso, con la Germania match intenso"

Christian Maggio in allenamento con l'Under 21
Christian Maggio in allenamento con l'Under 21FIGC
L’ex laterale di origini vicentine, oggi assistente dell’allenatore dell’Under 21, approccia questo nuovo progetto con la voglia di contagiare i calciatori con la sua esperienza e i suoi ricordi. In esclusiva a Flashscore / Diretta News ricorda inoltre i momenti più importanti della sua carriera da calciatore: "Il Napoli? Era destino, ma l'ho saputo dai giornali"

Nella spedizione azzurra in Slovacchia, c’è una figura silenziosa ma molto industriosa. Uno dei primi ad arrivare al campo di allenamento allestito nella prima settimana in quel di Trnava. Si tratta di Christian Maggio, assistente del commissario tecnico Carmine Nunziata. Ai torelli con i ragazzi partecipa spesso anche lui, visto da molti come uno “zio”, per via dei consigli che dispensa ai giovani dall’alto della sua esperienza. Alacre e infaticabile nelle sue mansioni, da collaboratore sente il campo come da giocatore

Come stai vivendo quest’avventura tutta nuova?

È bellissimo potere avere un’esperienza con l’Under 21. Mi sto adattando alle situazioni ma è qualcosa di positivo. 

Com’è partito tutto?

Ma guarda, è stato per puro caso, nel senso che io stavo facendo il corso da allenatore a Coverciano, quando  mi si è avvicinato Maurizio Viscidi, uno dei coordinatori delle nazionali giovanili. E mi ha chiesto se volessi entrare nello staff. All’inizio ero titubante perché il mio primo obiettivo era quello di finire il percorso da allenatore. Poi, a mente fredda e dopo averci pensato un po’ ho deciso che era un’opportunità da non perdere.

Il tuo obiettivo è di dare qualcosa in più ai giovani, in primis.

È la speranza. Ho il compito anche di dare qualche consiglio e un aiuto ai ragazzi che adesso stanno crescendo. 

Quando eri adolescente tu era un altro mondo. Senza social, smartphone...

Assolutamente, oggi infatti è più difficile. Ricordo che ho fatto un test con i ragazzi per vedere quante ore passassero sui social ed era venuto fuori un numero impressionante, molto elevato. Certo, non posso togliere loro il telefono, al massimo limitarne l’uso. Ma ci sono dei momenti sacri come gli allenamenti e i pasti in comune, dove va fatto gruppo.

Maggio in allenamento
Maggio in allenamentoFIGC

Ora dovrete affrontare la Germania ai quarti. Come vedi questa sfida?

Sicuramente sarà una partita complicata contro una squadra che nel suo girone ha dimostrato il suo livello. Sarà un quarto di finale intenso. Ci stiamo preparando nel miglior modo possibile per arrivare bene contro di loro con la giusta mentalità. Ma abbiamo tutte le carte in regola per fare una grande partita.

In nazionale sei arrivato tardi, ma hai comunque vissuto momenti importanti

È vero, sono arrivato a 26 anni, che forse è tardi. Poi, però, sono comunque riuscito a rimanere nel giro per nove anni e giocare due Mondiali e un Europeo

Da laterale a tutto campo, una delle tue migliori partite in azzurro fu l’1-1 contro la Spagna all’apertura dei gironi dell’Euro 2012. E di fronte c'erano Jordi Alba e Iniesta...

In quel caso facemmo una grande partita. In finale poi, sempre contro la Spagna, andò malissimo. In quel percorso ci è mancata solo quella partita. Ma eravamo arrivati molto stanchi.

Quella finale la vedesti dalla panchina. È peggio che giocarla e perderla?

Sì perché comunque vedere i tuoi compagni in difficoltà non è mai bello. Anche perché sei quasi arrivato alla fine e poi… C’è stato tanto rammarico, ma anche la consapevolezza che fossimo un gruppo affiatato. 

In quel gruppo hai ritrovato Antonio Cassano, che avevi avuto alla Sampdoria e grazie al quale avevi segnato ben 11 gol nella tua seconda stagione in blucerchiato. Nel 2007-08 il secondo capocannoniere dietro Bellucci era Maggio, non un attaccante o un trequartista.

Hai studiato bene (ride). Cassano è stato uno dei cinque migliori calciatori con cui ho giocato. Non aveva le giocate di Neymar o Ronaldo, giocava semplice, ma riusciva a fare comunque cose incredibili. Ti vedeva sempre e ti dava la palla benissimo. Aveva una visione di gioco e un’intelligenza fuori dal comune.

Alcuni suoi ex compagni li ha spesso denigrati per le loro scarse capacità tecniche. Con te com’era?

Caratterialmente lo conosciamo tutti. A volte andava un po’ oltre le righe. Ma credimi che con lui ho avuto un rapporto bellissimo. Se gli vai a genio diventi come un fratello per lui. E io correvo tanto, è stata la mia fortuna. Ma è una persona che dice quello che pensa, e anche se a volte non può piacere, per me ti aiuta molto a riflettere su alcune cose.

Senza neanche contare, quell’anno ti avrà dato almeno la metà degli assist per i gol…

Sì, ma anch’io glie ne ho dati, quindi ci siamo divisi i compiti (ride).

Cosa pensi del crollo di questa Samp, che ora si gioca il playoff per rimanere in Serie B?

È chiaro che mi dispiace molto, anche perché comunque è una società storica importante.Ora resta una partita importante e spero ovviamente che riesca a fare bene. Ma non solo questo, spero davvero che riesca a crescere e tornare ai livelli in cui erano cinque o sei anni fa e recuperare l’importanza che aveva.

A Genova con Walter Mazzarri sei diventato uno dei primi quinti di centrocampo a tagliare verso la porta. Oggi lo fanno in tanti, ma tu sei stato un precursore…

Si, dopo un anno a quattro con l’arrivo di Mazzarri passai a centrocampo, e da lì insomma partì il mio percorso personale da quinto. Credo che il mister abbia visto in me alcune doti, principalmente fisiche, e ha cercato di farmi rende al meglio per le  mie caratteristiche. 

Fare da quinto è un ruolo durissimo, perché devi coprire tutta la fascia.

Esatto, e in quel caso poi dovevo arrivare lucido sotto porta. Ma ho avuto fortuna perché in quel modo sono poi riuscito a intraprendere una carriera positiva.

Poi, il passaggio al Napoli, dove allenava Edy Reja, con il quale avevi debuttato col Vicenza. Cosa ti ricordi di quel momento?

Ti posso solo dire che venni a sapere del mio passaggio al Napoli dai giornali. Era una domenica mattina e vidi sul giornale: “Maggio, fatta col Napoli”. Poi mi chiamò l’allora direttore sportivo blucerchiato Beppe Marotta e mi disse che ero stato venduto per il bene della società. Rimasi comunque sorpreso, perché fu una trattativa lampo. Nei giorni dopo ne parlai con i miei procuratori e ovviamente anche con mister Reja, una persona fantastica con la quale mi sento ancora.

Tra l’altro, contro gli azzurri avevi segnato il tuo primo gol da professionista in Serie B in un Vicenza-Napoli di Serie B il 10 febbraio 2002. Un gol decisivo perché sarebbe stato quello del 2-1 finale…

Evidentemente doveva andare così. È stato il destino a portarmi Napoli. Eppure, ti ripeto, il mio passaggio in azzurro fu comunque casuale e mi colse di sorpresa.

Come fu l’adattamento a Napoli da uomo del Nord?

All’inizio fu complicato, anche perché è una città particolare. Poi… beh da 16 anni vivo lì e non voglio andarmene. Mia moglie lavora lì, i miei figli sono nati a Napoli, e sono tifosissimi del Napoli. Va detto che il primo anno è stato un po’ travagliato perché la società stava cominciando a mettere un po' le basi per diventare poi quello che è diventata ora. E poi c’erano stati molti cambiamenti, quindi il primo è stato un anno veramente difficile.

In quei nove anni hai vissuto belle soddisfazioni. Quale su tutte?

Mah, per fortuna ce ne sono state tante, ma forse la vittoria della Coppa Italia in finale a Roma contro la Juve che quell’anno non aveva mai perso. Erano 22 anni che il Napoli non vinceva nulla. Ma anche l’altra Coppa Italia e la Supercoppa 2014 a Doha.

Una partita interminabile decisa dai calci di rigore. Ben nove a testa. Prima o poi sarebbe toccato a te calciare. Nonostante non fossi uno specialista…

Ero io quello che doveva tirare dopo Koulibaly. Ma fortunatamente non ho dovuto neanche pensare a come tirarlo perchàe Rafael parò il tiro di Padoin e vincemmo (sorride). 

A te è legato un ricordo importantissimo del primo Napoli in Champions League. Quel coast to coast ad altissima velocità all’Etihad Stadium in occasione di Manchester-Napoli, la prima partita del girone, alla fine del quale servisti l’assist a Cavani per il gol del vantaggio…

In quel caso si trattava anche di un momento magico della società perché era la prima volta in Champions. E già per noi era qualcosa di importante. Poi giocare la prima partita a Manchester era molto difficile. Ma siamo riusciti a fare una grande gara.

Non hai di certo dimenticato quella discesa che ha propiziato il vantaggio iniziale azzurro…

Mi sono trovato lì, ho recuperato palla e visto lo spazio. E ho detto ‘adesso vado’. Sono riuscito a stopparla bene nella nostra metà campo e poi sono semplicemente partito. Ho avuto la bravura e la fortuna di poter fare un break e di servire Cavani sul filo del fuorigioco. Il resto l’ha fatto lui.

Maurizio Sarri ti privèo dell'omaggio dell'allora San Paolo senza farti entrare nei minuti finali di Napoli-Crotone, nella tua ultima convocazione con il Napoli nel maggio 2018. In una recente intervista ti ha poi chiesto scusa per tutto.

All'inizio avevo tanta rabbia per quanto fosse accaduto. Ma è normale perché per me era l'ultima partita col Napoli. Ed è chiaro che ci tenevo a finire in una maniera diversa, però ho voltato subito pagina il giorno dopo. Non mi sono fatto il problema, ho sempre pensato che lui non lo avesse fatto apposta e continuo a dirlo anche oggi. E se si è scusato, a me basta quello. Non ho intenzione di rovinare nove anni per una partita.