I motivi dietro l'esonero di Mou: risultati, soldi e l'eterna guerra capitolina

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OPINIONE - i motivi dietro l'esonero di Mou: risultati, soldi e l'eterna guerra capitolina

José Mourinho e Dan Friedkin
José Mourinho e Dan FriedkinProfimedia
Alla base della decisione dei Friedkin, oltre allo stipendio e ai risultati, anche l'umore della piazza dopo il derby perso in Coppa Italia.

Come un fulmine a ciel sereno il mattino del 16 gennaio è stato segnato da un esonero improvviso e fragoroso: quello di José Mourinho sulla panchina della Roma. Fatale al tecnico, si dice, la sconfitta a Milano contro una diretta concorrente che ha spedito la Roma al nono posto, sempre più lontana dalle ambizioni di una qualificazione in Champions League. Questa però è solo una parte della storia.

Fatale a Mou, infatti, per me che vivo nella capitale è stata un'altra partita: la sconfitta con la Lazio. A Milano ci si aspettava una reazione dopo l'eliminazione dalla Coppa Italia, che poteva diventare un obiettivo della stagione, reazione che invece non c'è stata. Con Mourinho costretto a vivere le emozioni della partita ancora una volta lontano dal campo, ancora una volta per essersi fatto espellere stupidamente, peraltro nei minuti di recupero di una partita ormai persa.

Il confronto con l'altra parte della città

Troppo per i romani di sponda giallorossa, ma anche per il "top gun" Friedkin che ascolta gli umori, legge i conti e trova che qualcosa non quadra. Soprattutto non quadra lo stipendio di un tecnico che ha portato sì una Conference Cup, la cenerentola delle coppe europee, ma che poi è vissuto di rendita, mentre gli aquilotti laziali volavano sempre più in alto, fino al secondo posto, fino alla Champions League. Vette precluse alla lupa col capobranco portoghese. 

Vivendo nella capitale, so benissimo l'importanza che riveste il derby per i romani e so benissimo quanto conta il confronto con l'altra parte del tifo stracittadino, specie per una tifoseria calda come quella giallorossa. Se Mou poteva avere ancora qualche tifoso dalla sua per i brandelli di memoria della Conference League, per l'importanza del suo nome a livello internazionale, contro la Lazio ha probabilmente perso anche loro. Claudio Lotito ha girato il coltello nella piaga dopo la vittoria, utilizzando le parole che sapeva avrebbero fatto più male a un tifoso giallorosso: "Una vittoria da prima squadra della Capitale". Qualcosa di intollerabile per ogni lupacchiotto che si rispetti. 

Il decisionismo americano

Se per i romanisti Mou era quasi "morto" dopo la sconfitta con la Lazio, nonostante l'affetto per il portoghese, per i Friedkin forse era già da tempo un dead man walking. Quella proposta di rinnovo mai arrivata sul tavolo è lì a dimostrarlo. Annusando l'aria che sapeva di marcio, se n'è andato prima il suo traghettatore Tiago Pinto, una decisione che ha colto un po' tutti di sorpresa e che doveva già far suonare un campanello di allarme. Se n'era accorto anche Mourinho che l'aria puzzava, ma dopo il derby perso quel dubbio è diventato certezza. L'arrendevolezza della squadra a Milano ha fatto il resto. E il rumore della piazza è diventato assordante anche per chi, come i Friedkin, è abituato al rombo di un aereo. Il boato di una decisione così drastica però ora rischia di investirli. Senza risultati e senza il parafulmine di un nome così pesante come Mourinho, non basterebbe a far tornare il sereno neanche l'affetto per Capitan Futuro.

Marco Romandini - Caporedattore Diretta News
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