L'eliminazione agli ottavi del Mondiale per Club contro il Fluminense segna per l'Inter non soltanto una brusca uscita di scena dalla competizione, ma anche la definitiva fine di un ciclo.
Il primo a comprenderlo, già da un po', è stato Simone Inzaghi che, non a caso, ha deciso di voltare pagina, accettando la proposta dell'Al Hilal e scegliendo così di lasciare Milano dopo quattro stagioni in cui ha riportato il club ai vertici del calcio europeo. E il suo presente, ora, è nei quarti di finale del torneo, dopo aver eliminato il Manchester City di Pep Guardiola.
Il presente dell’Inter, invece, si chiama Cristian Chivu, chiamato a ricostruire o, forse, a rivoluzionare la squadra. E già, perché è evidente che qualcosa si sia rotto. Lo ha detto, senza troppi giri di parole, anche Lautaro Martinez, capitano e simbolo della squadra, al termine della partita contro il Flu.

"Chi non vuole restare qui se ne deve andare. In questa squadra devi volerci stare, nel posto in cui abbiamo portato l’Inter e dove dobbiamo continuare a farla stare. Non faccio nomi, ma ho visto tante cose che non mi sono piaciute".
Non fa nomi, ma il riferimento a Hakan Calhanoglu, fino a poco tempo fa leader indiscusso del centrocampo nerazzurro, è chiaro: "Quello che posso dire come capitano è che voglio lottare per obiettivi importanti, negli ultimi anni abbiamo riportato in alto la squadra. Bisogna resettare, non solo io ma tutti, altrimenti non si va da nessuna parte".
Senso di appartenenza
Parole che pesano come un macigno sul futuro dell'Inter e che suonano come un richiamo all’unità e al senso di appartenenza, ma anche come una presa di posizione rispetto a una campagna che si è chiusa senza trofei: "È stata una stagione lunga e faticosa, fatta di tanti colpi – ha aggiunto l’attaccante argentino – siamo rimasti a zero titoli e dobbiamo ripartire al meglio l'anno prossimo".
Un monito, ma anche un'analisi lucida, lucidissima: l’Inter, per competere ad alti livelli in Europa, ha bisogno di giocatori fortemente legati alla maglia.
Perché il divario economico con le principali potenze del continente - Manchester City, Paris Saint-Germain, Real Madrid... - resta significativo e l’unico modo per ridurre il gap è costruendo una squadra vera, coesa e convinta delle proprie possibilità, come quella che, con Inzaghi in panchina, è arrivata in fondo alla competizione più importante al mondo.
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La ricostruzione
Ora si chiude, almeno per qualche settimana. Le vacanze estive serviranno per recuperare energie e riflettere, ma da fine mese si tornerà a lavorare e lo si farà ripartendo necessariamente dal campionato. L'obiettivo primario, infatti, dovrà essere il titolo nazionale.
Perché se è vero che l'Inter rimane uno dei pochi club italiani in grado di avere una rosa competitiva per vincere in Serie A e fare bene in Europa è altrettanto vero che bisogna essere coscienti di quanto le coppe siano importanti, ma anche del rischio, così facendo, di arrivare a giugno a mani vuote.
La ricostruzione è stata affidata, come dicevamo, a Chivu chiamato a sfruttare al meglio le qualità di chi rimarrà e di chi verrà a rinforzare la sua squadra: dovrà fargli recepire il messaggio del capitano e costruire un gruppo disposto a sacrificarsi, a reggere la pressione e a far fronte a un mercato che - in entrata, ma anche e soprattutto in uscita - potrebbe cambiare radicalmente il volto nello spogliatoio.
Lautaro non ha fatto nomi, ma ha tracciato una linea chiara: l’Inter che verrà dovrà essere composta da giocatori che sentano la maglia e abbiano voglia di rappresentare il club ai più alti livelli, perché in fin dei conti stiamo sempre parlando della squadra vicecampione d'Europa per due volte nelle ultime tre stagioni. Solo così si potrà davvero aprire un nuovo ciclo.