Non è stata un'avventura felice quella di Maurizio Sarri alla Juve, visto che è durata un solo anno, peraltro un anno terribile per via del Covid-19, che fermando il campionato ha rischiato di stravolgere tutto. Chiamato per innovare il gioco dopo anni di "corto muso" allegriani, il tecnico non ha visto sbocciare il feeling con la società, ma con una gestione oculata ha alla fine consegnato alla Juventus il nono scudetto consecutivo. Una dimostrazione di forza in campionato che ha fatto credere ai vertici bianconeri di poter continuare a dominare affidando la panchina anche a un debuttante come Andrea Pirlo, promettente ma inesperto. E invece è stato l'inizio della fine.
Scossa finanziariamente dal peso economico di una star come Ronaldo e dalle vicende giudiziarie che hanno causato anche il ribaltamento societario, oltre alla penalizzazione, la Juventus non è riuscita più a ritrovare la forza per imporsi, vedendo fallire prima il l'attuale tecnico del Dubai United, poi in successione Allegri e Motta, per arrivare a un Tudor che rischia ora il posto in caso di risultati negativi.

Spirito ritrovato, ma non basta
I bianconeri arrivano all'Olimpico reduci da una prova di carattere contro il Real Madrid, che però non è bastata, visto che alla fine è arrivata un'altra sconfitta. La seconda di seguito, tra campionato e coppa, peraltro contro una squadra che è sembrata vulnerabile, visto i buchi che lasciava la disposizione in campo di Xabi Alonso e il gioco spesso compassato e piuttosto prevedibile, al di là della straordinaria qualità dei singoli.
È bastata però una giocata di uno dei suoi campioni, Vinicius, e la zampata lesta di un altro, Bellingham, per piegare la resistenza bianconera. In avanti la Juventus ha sprecato un'opportunità con Vlahovic (ma il serbo dopo una corsa di 50 metri palla al piede in compagnia di Militao è perdonabile) e un'altra con Openda, imperdonabile, visto che con un tocco di troppo ha fallito l'opportunità più ghiotta nel modo peggiore.
Due sole grandi occasioni che, seppur al Bernabeu, evidenziano la pochezza di una squadra che non può accontentarsi della prova di carattere, visto il nome che porta e la sua storia. Considerare positiva una sconfitta solo perché avvenuta col minimo scarto sarebbe infatti indice di un ridimensionamento completo per il blasone bianconero.
Tudor per salvare la panchina ha bisogno dei suoi attaccanti
All'Olimpico la Juventus dovrà mostrare quantomeno il medesimo impegno ma portare a casa i tre punti che mancano da metà settembre, magari tornando più prolifica davanti, visto che al di là di Vlahovic, i nuovi arrivati David e Openda hanno messo insieme la miseria di un gol, quello del canadese in campionato. Qualcosa che cozza terribilmente con i loro precedenti numeri in Germania e Francia.
La prova d'orgoglio contro il Real ha comunque chiarito che i giocatori sono dalla parte del tecnico, che ha ancora in mano la squadra. Come lo sa lui, lo sanno anche loro quanto la panchina sia diventata bollente. Il nuovo triumvirato bianconero formato da Comolli, Modesto e Chiellini (manca ancora il ds) osserverà con attenzione performance di tecnico e squadra non solo all'Olimpico, ma anche nelle altre due gare sulla carta più semplici contro Udinese e Cremonese. Bisogna valutare in fretta infatti prima che sia troppo tardi, la settima posizione in classifica e l'affollamento lassù di un campionato livellato mettono a rischio il quarto posto per la qualificazione in Champions.
Va da sé che anche questo, cioè una Juventus costretta a guardare al quarto posto come obiettivo primario, è sinonimo di un certo ridimensionamento. Lo sa anche Tudor, che da giocatore con quella casacca puntava a ben altri obiettivi.
