Inutile trovare scuse. L'avventura delle squadre di Serie A nella Champions League attuale è culminata in un fallimento. Perché Juventus, Milan e Atalanta avevano i mezzi per andare oltre i playoff. E le pesanti eliminazioni contro Psv Eindhoven, Feyenoord e Club Brugge fanno male perché al momento del sorteggio in molti avevano visto di buon grado l'accoppiamento. Il campo, però, ha detto tutto il contrario.
Perché bianconeri, rossoneri e bergamaschi sono stati sbattuti fuori da squadre che hanno interpretato il doppio impegno con un piglio migliore. Partendo forse da quell'umiltà che è mancata nelle italiane, forse troppo sicure di passare il turno.

Bianconeri smorti
Dopo la vittoria per 2-1 in casa, che comunque lasciava aperti vari scenari, la squadra di Thiago Motta è andata al Philips Stadion con l'intenzione di speculare. Ed è stata punita in malo modo, come riflesso dal ritmo forsennato costantemente imposto da un Psv che non ha praticamente mai tremato. La rete di Timothy Weah, che ha portato al momentaneo pari, è stato un fuoco di paglia per i bianconeri, che si sono attivati solo con le spalle al muro.
Nei supplementari la rabbia e la velocità degli avversari sono state predominanti, e il 3-1 finale è stato un premio meritato per la squadra di Peter Bosz, il cui valore di mercato è di poco più di 345 milioni di euro totale. Praticamente la metà di quello della Juve, che ammonta a 645 milioni. I 12 netti elargiti annualmente a quel Dusan Vlahovic che ieri ha preso un palo dopo essere nuovamente stato bocciato come titolare sono la cartina al tornasole di come alla Continassa i conti non tornino. Né economicamente né a livello sportivo.
Il suicidio dei rossoneri
La sconfitta per 1-0 all'andata nel temibile e focoso De Kuip ci poteva anche stare per un Milan che quest'anno sta facendo fatica sia a organizzare gioco sia a vincere con costanza. Eppure, il ritorno a San Siro nel quale si era portato in vantaggio dopo 50 secondi, doveva essere gestito meglio. E non solo perché a segnare era stato quel centravanti di spessore tolto agli stessi rivali qualche settimana prima, ma anche perché nei primi 45 minuti andava chiuso il discorso qualificazione. E, invece, complice anche la follia di Theo Hernandez, i rossoneri si sono fatti rimontare e sono stati eliminati. Un suicidio vero e proprio.
Il valore di mercato totale del Milan, infatti, ammonta a 570 milioni di euro. Molto più del doppio di quello del Feyenoord, che è di 280 milioni. Una differenza abissale di budget e possibilità che, unite al curriculum europeo, avrebbe dovuto fare la differenza. E, invece, la scarsa continuità dei rossoneri e le defaillance di alcuni dei suoi giocatori chiave, su tutti Mike Maignan all'andata e Hernandez al ritorno, sono state negativamente incisive.
Una Dea legata
Sconfitta in Belgio anche per alcune decisioni opinabili dell'arbitro, l'Atalanta doveva invece fare un sol boccone del Club Brugge in casa. E, invece, in meno di mezz'ora si è trovata sotto di due reti, firmate entrambe dal 19enne rampante Chemsdine Talbi. Due botte secche che hanno messo a terra il morale e il fisico di una Dea che più che bendata è sembrata legata. Forse troppo presuntuosa sottovalutando l'avversario, al quale ha concesso troppi spazi, la squadra di Gian Piero Gasperini si è svegliata tardi, ossia quando dopo l'intervallo era sotto di tre reti.

La ripresa, con l'ingresso di Ademola Lookman, ha riflettuto l'isteria atalantina: il nigeriano ha subito accorciato le distanze per poi fallire il rigore del possibile 2-3 al 60esimo. Lo sliding doors che a posteriori ha causato la diatriba con il Gasp, che non gliel'ha perdonata. Ma la notizia più brutta è stata l'eliminazione contro una squadra il cui valore di mercato è di 150 milioni, ossia oltre tre volte meno dei 475 milioni della rosa orobica. E da candidata allo Scudetto e campione in carica dell'Europa League, è qualcosa che non è facile da digerire.