Il 26 maggio 1993, l’Olympiastadion di Monaco di Baviera si preparò a ospitare la prima, grande battaglia della nuova Champions League, fresca di rinominazione dopo anni vissuti sotto il glorioso nome di Coppa dei Campioni. Da una parte si schierò il Milan dei campioni, abituato a certi palcoscenici e affamato di rivincita. Dall’altra il Marsiglia del presidente Bernard Tapie, simbolo di un calcio ambizioso e pronto a tutto.
Fu molto più di una partita. Fu l’inizio di una storia fatta di gloria e cadute, ombre e scandali. E fu anche l’unica volta in cui un club italiano e uno francese si contesero quella coppa, almeno fino a oggi.
Perché proprio lì, nella stessa città, trentadue anni dopo, la storia si ripeterà: ancora Italia contro Francia, ancora una finale, ancora Monaco di Baviera. Questa volta toccherà a Inter e PSG. Ma tutto ebbe origine da quella notte del '93.
Il blackout del '91 e il rancore mai sopito
Ma per capire quella finale del 1993, bisogna tornare indietro. Due anni prima, nei quarti della vecchia Coppa dei Campioni, il Milan di Sacchi incrociò il Marsiglia. All’andata, a San Siro, finì 1-1. Al ritorno, al Vélodrome, Waddle portò avanti i francesi con un destro al volo. Poi, a pochi minuti dalla fine, accadde l’impensabile.
L’arbitro sembrò fischiare la fine del match, i fotografi invasero il campo, i giocatori iniziarono a scambiarsi le maglie. Ma dalla panchina, Galliani e Ramaccioni urlarono a Baresi che mancavano ancora tre minuti. L’arbitro confermò: si doveva continuare. E fu allora che uno dei riflettori si spense, gettando lo stadio nel buio.
Scoppiò il caos. I milanisti protestarono, i marsigliesi temettero la beffa. L’arbitro rimandò tutti negli spogliatoi: si sarebbe atteso il ritorno dell’illuminazione. Ma la botola d’accesso era chiusa, e le due squadre si accalcarono nel tunnel, tra spintoni, insulti e tensione crescente.
Le luci tornarono, almeno in parte. L’arbitro posizionò il pallone per la ripresa, ma Galliani scese in campo con il volto tirato e ordinò al Milan di uscire. E il Milan uscì.
La UEFA fu inflessibile: 0-3 a tavolino e un anno di squalifica dalle coppe. Uno smacco bruciante. Da quel momento, il Milan serbò rancore. E giurò vendetta.
26 maggio 1993: una finale fredda e feroce
Il 26 maggio 1993, Monaco di Baviera si riempì quindi di aspettative. Sugli spalti dell’Olympiastadion si raccolsero in oltre 64.000. Il Milan partì favorito: aveva superato il girone con autorità, subendo un solo gol. Ma sotto la superficie, qualcosa scricchiolava. Van Basten era acciaccato. Gullit fu escluso per dissidi interni. Capello, prudente, scelse una formazione più attenta che brillante.

Il Marsiglia, invece, non tremò. Studiò l’avversario, lo affrontò con coraggio. E colpì al momento giusto. Al minuto 43, su calcio d’angolo di Abedi Pelé, Basile Boli anticipò Rijkaard e colpì di testa. Gol. Il boato francese si alzò come un tuono. Il Milan rimase gelato.
Nel secondo tempo, i rossoneri cercarono una reazione, ma mancarono di lucidità. Marco van Basten, dolorante, vagò in campo come un’ombra. Quella fu la sua ultima partita in carriera prima del ritiro (che avvenne il 17 agosto 1995).
Il Marsiglia resistette. Il triplice fischio sancì il verdetto: campioni d’Europa. Per la prima (e a oggi unica) volta nella loro storia.
Dalla gloria allo scandalo
La festa però durò poco. Poche settimane dopo, esplose lo scandalo “VA-OM”: alcuni giocatori del Valenciennes confessarono di aver ricevuto denaro per non ostacolare il Marsiglia nell'ultima partita di campionato. L’obiettivo era chiaro: evitare sforzi prima della finale europea.
Le indagini furono rapide. Tapie finì travolto. Il Marsiglia perse il titolo nazionale e fu retrocesso in Ligue 2. Ma la Champions no: quella rimase. La UEFA non la revocò. Scelse però di escludere il club francese dalla Supercoppa, dalla Coppa Intercontinentale e dalla successiva edizione della Champions.
Al suo posto andò proprio il Milan. Ma non fu mai una vera rivincita. I rossoneri disputarono la Supercoppa e l’Intercontinentale, ma le persero entrambe. Il senso d’ingiustizia rimase intatto.
Il Marsiglia, da allora, non tornò mai più a quei livelli. Dalla vetta, scivolò nel buio. E con lui, crollò un’intera epoca del calcio francese. Quel trionfo si trasformò in una maledizione.
2025: un nuovo capitolo
Oggi, a distanza di 32 anni, il destino riapre quel capitolo. Di nuovo Monaco di Baviera. Di nuovo una finale. Di nuovo una squadra italiana contro una francese. Questa volta tocca a Inter e PSG. Due mondi opposti: tradizione contro potere, nerazzurro contro blu parigino.
Forse il calcio stavolta scriverà un finale diverso. Forse giustizia e bellezza troveranno finalmente un punto d’incontro. Le ombre del passato non si cancelleranno, ma qualcosa potrà essere riscritto, con onestà e limpidezza, all’altezza della competizione più prestigiosa d’Europa.