Dal palco del Festival dello Sport di Trento, Mario Balotelli ha ripercorso una carriera unica davanti a un pubblico che lo ha accolto con una pioggia di applausi. "L'accoglienza? Sicuramente fa piacere perché vuol dire che qualcosa di buono ho fatto", ha esordito l’attaccante.
Gli inizi sono stati segnati da una passione precoce per il pallone: "Ho iniziato a giocare che avevo 3 anni. Giocavo al parco, in strada. A Palermo? Ero piccolo, sono tornato da più grande, ma i primi 3 anni li ho passati in ospedale. Ho iniziato a giocare a calcio più a Brescia. Enok? Con mio fratello giocavamo sempre, anche troppo. I nostri giocatori non sempre ci contenevano. Giocavamo più all'oratorio, ma anche per strada, a volte succedeva. Che bambino ero? Difficile, però buono. Se sono migliorato? Beh poi si matura".
Il giovane talento approda al Lumezzane e poi prova l’esperienza estera: "Io mi ricordo che volevo provare ad andare all'estero e i miei fratelli mi avevano trovato questo contatto a Barcellona e ho fatto un mesetto lì a Barcellona. Il Lumezzane però chiedeva tanti soldi e io avevo 15 anni. Il Barcellona non era dell'idea di spendere così tanti soldi per un ragazzo così giovane e alla fine ho firmato con l'Inter. In quella squadra c'erano Bojan Krkic, Giovani Dos Santos, Thiago Alcantara, ma quelli della prima squadra non li ho conosciuti".
"Moratti fondamentale, in Inghilterra hanno esagerato con me"
Con l’Inter di Massimo Moratti Balotelli inizia a crescere: "Moratti mi ha aperto le porte di tutta la mia carriera. È stato una persona fondamentale per gli inizi della mia carriera. Oltre ad avermi dato un regalo di giocare all'Inter a quell'età che era stupendo, ma mi ha anche responsabilizzato perché dovevi fare risultati e a quell'età non era semplice". Momento clou: la Champions League vinta con i nerazzurri: "Son quelle esperienze che ti rimangono dentro e che vorresti rivivere ogni giorno. Vincere la Champions con l'Inter è stato un sogno".
Non mancano gli aneddoti controversi, come il famoso gesto verso i tifosi nerazzurri: "Il gesto col Barcellona? Non ero abituato ad essere fischiato. Sono sincero i tifosi dell'Inter quando ero giovane mi hanno sempre voluto bene, anche tanto. Non ero abituato a sentire i miei tifosi che mi fischiavano. Avevo 18 anni, l'ho gestita così, oggi non lo rifarei. Sono state situazioni che ti fanno crescere".

La carriera all’estero è stata determinante: "L'esperienza con l'Inter è stato parte della mia crescita, ma secondo me è stata l'Inghilterra ad avermi formato di più. Era la prima volta che stavo da solo, non c'era la mia famiglia e non ero abituato. Ti forma nel bene e nel male, perché fai errori e devi uscirne da solo. Why Always Me? L'ho fatta prima della partita con un magazziniere, ero al centro dell'attenzione per i problemi ed è stato uno sfogo simpatico. I tabloid in Inghilterra hanno esagerato con me".
Il retroscena di mercato
Non manca il retroscena: "Ero già della Juventus, ma in una notte a Milano firmai col Milan. Vincere la Champions con l'Inter un sogno. In Nazionale non vedo la voglia di difendere la maglia".
Balotelli parla anche dei grandi compagni incontrati: "I fratelli Touré sono due ragazzi speciali, mi hanno tenuto sotto la loro ala protettiva sia al Manchester City che al Liverpool e nello spogliatoio conta prima la persona del giocatore e loro mi hanno aiutato molto. Kolo Touré dice che sono una persona dolce? Se l'ha detto vuol dire che è vero. Chi ti vede da fuori giudica i 90 minuti che vede in campo, posso capire che chi giudica da fuori non sappia che persona sei".
Il sogno Nazionale
Riflessioni sulla Nazionale e sull’attaccamento alla maglia: "Per me la Nazionale è un punto fondamentale. Non è un attacco a nessuno, però tante volte vedo giocatori giocare in Nazionale che non c'è più quella voglia di dimostrare, di difendere la maglia del paese e non mi fa piacere. Quando ero in Nazionale ero fiero di rappresentare l'Italia e questa cosa per me manca. Sono stato l'ultimo centravanti ad aver giocato un Mondiale? Eh, me l'hanno detto".
Balotelli conclude con uno sguardo al futuro, fra famiglia, allenamenti e sogni ancora vivi: "Mi alleno la mattina alle 10, vado 4 volte in campo e 2 in palestra. Purtroppo sono da solo e non con una squadra, ma sto lavorando abbastanza bene, dico la verità… Un sogno? Vorrei giocare un'ultima partita con la Nazionale".